IL DITO DI CODRIGNANO NON C’È PIÙ.

In un paesaggio povero di forme verticali come quello delle colline della Romagna occidentale, anche un pilastro sabbioso alto poco più di una decina di metri si fa notare tanto da diventare una piccola curiosità naturalistica locale; il cosiddetto “Dito di Codrignano”.

L’erosione dei terreni plio-pleistocenici, in questa zona, mette a nudo, alla sommità delle argille grigiastre dei calanchi, dei “cappellacci” sabbiosi che, visti da sud, si evidenziano con i cosiddetti “rivoni” verticali, falesie debolmente cementate, alte, al massimo, alcune decine di metri.

A volte l’ulteriore erosione della falesia su altri due lati crea una sorta di lama che dei piccoli crolli possono isolare dal corpo principale della collina originando un pilastro. E’ questa la genesi del nostro “Dito”, iniziata sotto forma una cortina lunga una quindicina di metri appoggiata su una cresta argillosa che dal Monte Meldola scende verso il rio di Piovighetto, appena a sud-est di Codrignano.

All’inizio degli anni ’70 del Novecento, la struttura si presentava compatta tanto che, nell’estate del 1988, Vittorio Lega e Alessandro Marchi, del Cai di Faenza, ne raggiunsero la sommità con picozza e ramponi, prima ed unica salita alla vetta. Lentamente ma inesorabilmente i crolli non solo ne ridussero la lunghezza ma al cambio di millennio, scomposero la struttura in tre pinnacoli adiacenti, due dei quali crollarono dopo circa 10 anni. Rimase il “Dito” singolo, solitario e, in vista della inevitabile fine, si creò un po’ di curiosità ed interesse. Poi l’inevitabile è arrivato e una forte raffica di vento, la notte del 9 febbraio, ha fatto crollare il nostro “Dito”, lasciando solo una polverosa macchia giallastra nei calanchi sottostanti.

Doveva succedere, si è trattato di un fenomeno, una volta tanto, assolutamente naturale però peccato, ci eravamo un po’ affezionati.

Antonio Zambrini

Leggi qui l’articolo del 12 maggio 2018 Il “Dito” di Codrignano (… con numerose foto …)

 

Di seguito le foto del 11 febbraio 2020 – Antonio Zambrini e Maria Teresa Castaldi