Le vostre recensioni. Qual è il libro che ti è piaciuto di più o che stai leggendo avente per oggetto l’ambiente montano? (Romanzo, favola, giallo, manuale ecc).

Inviaci a archivio.cai.imola@gmail.com una breve recensione e una foto del libro. Verranno pubblicate sul nostro sito e sulla nostra pagina Facebook

 

Recensione 17  (14/04/2020)

ALTI E BASSI DELLA MIA VITA di Hans Kammerlander

Terminata la pausa pasquale proseguiamo con la Recensione 17. “Alti e bassi della mia vita” di Hans Kammerlander a raccontarcelo è Mariangela Riva amica ONCN del CAI Missaglia a cui va il nostro saluto di benvenuta.
E’ il racconto autobiografico di Hans Kammerlander, alpinista eccezionale, con all’attivo la conquista delle montagne più alte della Terra , numerosi record, la discesa con gli sci dall’ Everest e compagno di Messner in tante avventure (nel 1984 portarono a termine il concatenamento di due ottomila: il Gasherbrum I e il Gasherbrum II). Racconto autobiografico in cui i “bassi” della vita raggiungono il culmine con l’incidente mortale di cui è responsabile proprio nella valle dell’Alto Adige in cui è nato.
“Se dovessi definire la mia vita in due parole, sceglierei ‘montagna’ e ‘valle’”: la montagna, l’alto che gli ha dato la felicità di raggiungere le più alte cime, ma anche il dolore per gli amici scomparsi; la valle, dove ha vissuto il dispiacere per la rottura dei primi sci e la gioia per aver conseguito la patente di guida alpina.
Stupisce leggere che, secondo Kammerlander, il periplo dell’Alto Adige con Messner (sei settimane, 200 chilometri percorsi, 300 cime raggiunte per un dislivello di 100.000 metri) è forse la più bella esperienza di montagna che lui abbia mai vissuto. Personalmente ho trovato interessante la parte dedicata al ruolo che hanno avuto nel ritrovamento, nel ghiacciaio del Similaun, di un cadavere che conosciamo tutti con il nome di Otzi, l’uomo vissuto tra il 3300 e il 3100 aC., che possiamo ammirare in quanto i due alpinisti sostennero con forza che il corpo andasse visionato da esperti.
Un libro che non dà spazio solo al racconto delle imprese compiute di cui consiglio la lettura.

 

Recensione 16  (09/04/2020)

LE MASCHERE DI POCACOSA di Claudio Morandini

Un po’ di spazio ai piccoli e ai meno piccoli! E’ questa una lettura consigliata anche per gli adulti da leggere insieme ai propri figli. Un romanzo realizzato con l’egida CAI e presto a disposizione dei soci per il prestito nella nostra biblioteca sezionale. Affronta il tema del bullismo, dell’ecologia: (“…maledetti!” dice il vecchio Bonifacio quando vagando nel bosco si imbatte in una miriade di rifiuti tra i quali un bidè). Parla anche dell’importanza dell’esperienza nella natura.
Il Protagonista è Remigio, un ragazzino di 12 anni che abita nel villaggio montano di Pocacosa e poveretto è preso di mira dai suoi compagni di scuola con minacce e scherzi pesanti per il fatto che a scuola è un “secchione”. Quanti di noi hanno mai pensato di costruirsi una armatura per proteggersi dalla cattiveria? Ebbene anche il protagonista ne costruisce una da usare il giorno di Carnevale per spaventare i suoi nemici. Il Carnevale a Pocacosa è un rituale “bestiale” dove tutti si mascherano con costumi spaventosi che ne difendono l’anonimato e possono infierire indisturbati su tutto e su tutti. Si sa, è scientificamente provato che l’anonimato, l’omologazione e la complicità di gruppo contribuiscono a superare ogni freno nello sfogo bestiale degli istinti. Remigio ha paura e I genitori tendono a minimizzare e non ascoltarlo così che per proteggersi scappa nel bosco dove incontra il saggio eremita Bonifacio, uomo burbero ma che sa ascoltarlo. Il vecchio gli insegna il contatto con la natura, ad osservare il comportamento degli animali e che “non è necessario far paura per imporsi ma piuttosto saper dominare la paura”. Solo così sarà pronto per tornare in paese e sgominare i bulli. Un finale piacevole come tutto il libro che si legge tutto d’un fiato

 

Recensione 15  (06/04/2020)

LE VITE DELL’ALTIPIANO di Mario Rigoni Stern

Iniziamo la settimana con la Recensione/15 “LE VITE DELL’ALTIPIANO” di Mario Rigoni Stern – recensione di Marina Abisso Ferrazin ONCN del Cai di Genova che ringraziamo per il contributo.
Boschi, uomini e animali popolano la narrazione. I racconti, tra Storie naturali, di animali e dell’Altipiano, si susseguono con passione, con un’attenzione ai particolari che meraviglia. L’ambiente è vivo protagonista, un ambiente fatto di piante e acqua, montagna e neve, soprattutto neve, tra gelo e disgelo. Non c’è spazio per il silenzio. Tutto va goduto, purché si conservi “desiderio di vita, volontà di camminare e pazienza di osservare”.
C’è consapevolezza che il degrado ambientale non è arrivato da solo: la causa è pur sempre l’uomo”, che ha abbandonato le coltivazioni e urbanizzato ovunque, modificando tutto, anche le foreste alpine, per le proprie esigenze economiche. La soluzione proposta è degna del Sergente Maggiù del “Sergente nella neve”: impedire all’uomo di avvicinarsi alla natura con le abitudini cittadine, prima tra tutte l’automobile. “Chi ha passione vera camminerà”. Una prospettiva positiva, soprattutto ai nostri giorni.

 

 

Recensione 14 (04/04/2020)

LA POLVERE DEL MONDO di Nicolas Bouvier

Continuiamo la pubblicazione delle recensioni e siamo alla numero 14 (oltre 1900 visualizzazioni questa settimana!!!) Oggi è Patrizia Montanari vicepresidente del CAI Bologna che ci suggerisce “LA POLVERE DEL MONDO” di Nicolas Bouvier- Patrizia mi scrive che sul suo comodino ci sono parecchi libri, alcuni ancora da aprire ed altri invece già cominciati e poi interrotti; tra questi ultimi “La Polvere del mondo” sarà il primo ad essere letto nuovamente dall’inizio nei prossimi giorni. E’ un libro un po’ datato ma con grandi spunti di riflessione. Per approfondire potete leggere una recensione su questo link.
Buona lettura a tutti. Grazie Patrizia e un saluto agli amici del CAI Bologna

 

 

 

Recensione 13  (03/04/2020)

CAMMINARE GUARISCE di Fabrizio Pepini

Ci fa molto piacere pubblicare questa recensione inviata da Edo Pinotti socio del CAI di Piacenza che ringraziamo e al quale inviamo un saluto e un abbraccio a tutti gli amici piacentini.
“CAMMINARE GUARISCE” di Fabrizio Pepini è una parte della storia di un uomo che ha scoperto una malattia incurabile che lasciava poche speranze e poco tempo a disposizione, che invece ha scoperto, mettendo in discussione se stesso, le sue convinzioni e i preconcetti della società, che il cammino può curare e cambiare la vita di ognuno, anche di un cronico. Se ha fatto bene a lui, può far bene a chiunque, anche a chi non è malato e quindi (appena si potrà)… Cosa fate ancora lì sul divano?
Mi è piaciuto molto il suo cambiamento introspettivo, da profondo credente a consapevole ateo, un’illuminazione.

 

 

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Recensione 12  (02/04/2020)

“IL MIO ULTIMO GIORNO DI GUERRA” cortometraggio di Matteo Tondini

Per visualizzare il cortometraggio clicca qui:
https://www.youtube.com/watch?v=4DWt_ri9tBU

Copiamo dalla pagina FB di Marina Lo Conte, presidente dell’Ente Parco Vena del Gesso Romagnola questo particolare contributo girato nei nostri affascinanti crinali di Riolo.
Potrete riconoscere il crinale delle Casecchie e Villa La Torre a Limisano.
Il cortometraggio narra la grande avventura di un contadino romagnolo protagonista di uno scontro tra soldati tedeschi e americani durante la seconda guerra mondiale. Ironia, dramma, finzione e verità si mescolano in questo emozionante cortometraggio italiano. Riuscirà il giovane contadino a salvarsi e superare il suo “ultimo giorno di guerra”?
Prodotto da Valentino Peduli e diretto dal giovane regista Matteo Tondini nel 2009 (all’epoca diciannovenne), “Il mio ultimo giorno di guerra” è stato uno dei primi corti girato con la RED ONE nonché uno dei cortometraggi italiani più premiati. Nel suo palmares si contano infatti più di 100 selezioni in festival nazionali e internazionali e ben 45 premi, incluso il premio come “Miglior cortometraggio sezione elemets+10” al Giffoni Film Festival 2009 e “Best Foreign Drama” al Los Angeles International Family Film Festival 2010″.

 

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Recensione 11  (01/04/2020)

I FANTASMI DI PIETRA – Mauro Corona (2015)“Alleniamoci” con la recensione di Giannino Comoretto nostro mago di internet e delle newsletter sezionali ma soprattutto gentile, ardito e instancabile arrampicatore. (f.to Maria Teresa Castaldi)

Giannino scrive: l’ho letto a giugno 2017. Di questo autore non ho letto tutto ma ho letto molto. Mi piace come scrive: uno stile asciutto, scarno, non ricercato, semplice, essenziale, a volte minimalista, umile ma profondo. E’ evidentemente un “self-made man” come scrittore e ha cominciato verso la cinquantina … non proprio giovanissimo! Alla domanda “Come hai fatto a diventare scrittore?” la sua risposta è “Leggendo due Tir di libri!”. A me sembra di cogliere anche assonanze friulane (anche se a Erto c’è un dialetto diverso).
Gli argomenti dei suoi libri sono la natura e il rapporto dell’uomo con la natura, la vita e le tradizioni della gente delle sue montagne, avvenimenti autobiografici e storie spesso intrise di profondo dolore. Le ubriacature e l’etilismo sono temi costanti.
“I fantasmi di pietra” è la descrizione del suo paese abbandonato, Erto, come fotografato e immobilizzato il 9 ottobre 1963. Il libro è suddiviso in quattro parti, come le quattro stagioni dell’anno, alle quali Mauro Corona ha fatto corrispondere le quattro vie del paese.
Per ogni casa, sia per quelle ancora in buono stato, sia per quelle che stanno crollando, il ricordo degli abitanti, delle voci, dei lavori che vi venivano fatti.
E le osterie – che sembrano più numerose – delle case stesse! Per ogni casa … una storia, a volte divertente a volte tragica.
Ricordo che in un’intervista, alla domanda “Come deve essere un buon libro?” la risposta di Mauro fu “Un libro è buono quando, terminato di leggere una pagina, non vedi l’ora di girarla per passare alla successiva”; ebbene, per me, “I fantasmi di pietra” è un buon libro.

 

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Recensione 10  (31/03/2020)

L’ASSASSINIO DELL’IMPOSSIBILE – Reinhold Messner – (2018) Recensione del Socio Antonio Zambrini nostro past president ed esperto botanico.

Nel 1968, mentre in California cresceva il movimento per il “clean climbing”, Rehinold Messner, dopo aver salito il Pilastro di Mezzo al Sass dla Crusc, scriveva “L’Assassinio dell’impossibile”, una denuncia di come l’arrampicata, o più in generale gli ausili artificiali, non avessero superato l’impossibile ma l’avessero, slealmente, assassinato. Era una riproposizione ragionata di alcune idee di Preuss e della correttezza “by fair means” dei pionieri inglesi dell’Ottocento; erano però anni di eccezionale dibattito ed il libro ebbe una grande risonanza tra gli scalatori. A mezzo secolo di distanza Messner ripropone il tema, in una raccolta che contiene gli interventi di 42 alpinisti che rappresentano il Gotha mondiale della disciplina. Segno evidente che, purtroppo, le idee di quegli anni non hanno prevalso. Non a caso, allora, si dibatteva, in ambito Cai, di mettere uno stop alle ferrate mentre adesso l’attività delle sezioni, compreso la nostra, è fortemente attratta da questo modo, chiaramente sleale, di raggiungere le vette. Per la maggioranza degli appassionati di montagna, che per fortuna (anagrafica) non seguirono il dibattito di allora, un concentrato di stimoli alla riflessione. Antonio Zambrini

 

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Recensione 9 (30/03/2020)

“ARRAMPICARE E’ IL MIO MESTIERE” di Cesare Maestri (Ed.Baldini+Castoldi) recensione di Marco Caprara nostro Accompagnatore Sezionale di Escursionismo.

E’ un libro autobiografico che racconta molte delle prime scalate fatte dallo scrittore, il suo motto è: “Non esistono montagne impossibili. Esistono solo uomini che non sono capaci di salirle”, questo libro è la messa in pratica del suo credo, infatti Maestri apre nuove vie su montagne da tutti considerate inaccessibili. Quello che mi ha colpito di più è il rapporto con la montagna che ha Maestri, nonostante sia uno dei più forti arrampicatori del tempo, ha uno strano legame con la montagna: Amore e Odio. La cerca, la vuole, ma poi se ne deve staccare per periodi che finiscono sempre con il ritorno ad indossare gli scarponi. Non ci racconta la montagna sempre bella e adorabile, ma anche cattiva e dolorosa, come alcuni di noi faticano ad immaginare.

 

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Recensione 8 (28/03/2020)

WALTER BONATTI UNA VITA LIBERA a cura di Rossana PodestàRecensione segnalata da Laura Benini Socia e ONC del Cai Ferrara

Per chi se lo fosse perso: https://youtu.be/aOdryG8fn7A il bellissimo documentario, fortemente voluto dalla moglie Rossana Podestà, come il libro

Rossana Podestà racconta un uomo libero: oltre l’alpinista, l’esploratore, il reporter, il fotografo e lo scrittore. Il volume prende le mosse dai sogni di un ragazzo che segue il volo delle aquile nei cieli bergamaschi e gioca sul Po immaginando oceani e deserti, dando fuoco alla fantasia attraverso la lettura dei grandi scrittori d’avventura, da London a Defoe, Melville, Conan Doyle e Hemingway. Le pagine ripercorrono, attraverso testi e immagini, le imprese alpinistiche e i viaggi nei cinque continenti, e danno voce a pensieri ed emozioni. Gli oggetti fotografati portano l’impronta di un uomo straordinario che si è misurato con pareti inviolate, è sopravvissuto a grandi tragedie, ha scoperto terre estreme e inospitali, si è avvicinato, con rispetto e curiosità, ad animali feroci e a popoli primitivi. Un libro “a due voci”, la testimonianza di un confronto costante e onesto con se stesso e con le forze della natura, ricco di ricordi personali, testi mai pubblicati dai suoi taccuini di viaggio, scritti di amici.

 

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Recensione 7 (26/03/2020)

“IL PASTORE DI STAMBECCHI – storia di una vita fuori traccia” di Louis Oreiller con Irene Borgna ed. Ponte alle Grazie (in collaborazione con Club Alpino Italiano) – Recensione di Mario Cerasuolo nostro Socio e titolato TAM Tutela Ambiente Montano

Louis è raccontato dalla Borgna come il signore delle “Cenge”…ed a giusta ragione.

Louis ha sofferto la miseria nera, ed al tempo dell’intervista (2018) ha 84 anni; lui sulle cenge c’è stato davvero tra la val di Rhemes e la Valsavaranche. In quelle vallate, sin da ragazzo ha cominciato a conoscerne ogni anfratto; la montagna l’ha visto nascere e crescere. Cresciuto prima come bracconiere e commerciando con la confinante Francia, sfuggendo ai guardiaparco, la sorte lo ha voluto, proprio lui, in età adulta, guardiaparco. Questa ambivalenza antitetica ha fatto di Louis un uomo dal “parlato antico” (come lo definisce la Borgna), che non si lascia strattonare da facili giudizi; nel suo libro racconta di personaggi controversi e storie assurde: ma mai giudicando, se non con l’occhio dell’osservatore.Di lui si dice che amava parlare con gli stalmecchi, ma anche i cani e le galline…qualche volta con gli uomini…

Ho letto questo libro in un momento della mia vita (2 anni fa), in cui mi stavo riabilitando da una forte lombo-sciatalgia che mi aveva costretto a letto (un po’ come ora siamo costretti in casa dal Covid19). – E la forza che ne ho tratto da questo libro in particolare, e dalla lettura in generale, devo dire è qualcosa di incommensurabile.

 

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Recensione 6 (24/03/2020)

“I misteri del tempio dimenticato” di Gianfranco Bracci recensione della Socia Manuela Krak, geologa e conoscitrice di botanica e erbe commestibili.

Ci consiglia, in questo momento, una lettura piacevole e leggera. “I misteri del tempio dimenticato” che fa parte della trilogia sugli Etruschi scritta da Gianfranco Bracci che noi tutti conosciamo come ideatore della GEA. Gianfranco che è molto appassionato della storia del popolo etrusco, sta riscoprendo tutta una serie di antichi itinerari che collegano i vari insediamenti di quelle genti, compresi Spina, Marzabotto e Monterenzio, che si trovano nella nostra regione. Con questa trilogia l’autore si concede una divagazione narrativa un po’ poliziesca, ma sempre basata su scoperte storiche e archeologiche.

 

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Recensione 5 (23/02/2020)

SENZA MAI ARRIVARE IN CIMA di Paolo Cognetti – recensione del nostro Presidente Paolo Mainetti

Un libro con una scrittura leggera che ti porta come un diario di viaggio, per sentieri e villaggi e passi oltre i 5000mt, sotto le cime innevate dell’Himalaya senza per forza dovere salire in cima a qualche 8000, ma ad incontrare popolazioni che vivono nel Dolpo, in quel “piccolo Tibet” da millenni. La loro cultura piena di misticismo è così parte della natura e dell’ambiente che ti porta molto a riflettere su come noi “popoli evoluti” ci stiamo portando da soli verso il precipizio. E dopo un viaggio del genere, quando torni da occidentale finalmente a riscoprire le gioie di un bagno caldo e di una birra fresca, immancabilmente dopo poco tempo ti rendi conto di essere ritornato anche nel deserto del reale.

Ho incontrato Paolo a Lonak, ultimo avamposto di baracche a quota 4800 prima del campo base nord del Kangchenjunga nell’ottobre del 2018. Ci siamo salutati nella speranza che possa scrivere un altro libro su quel viaggio.

 

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Recensione 4 (21/03/2020)

“LE GROTTE BOLOGNESI”   AA.VV. Edito dal Gruppo Speleologico Bolognese. Relazione di Loris Garelli, speleo e grande conoscitore della Vena del Gesso in questo periodo di riposo forzato, ci consiglia questo volume. Sembra una pubblicazione monotematica ma non lo è, all’interno troverete articoli molto interessanti. Le recensioni sono molto positive, una delle più belle pubblicazioni sulla Speleologia.

 

 

 

 

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Recensione 3 (20/03/2020)

“LAYLA NEL REGNO DEL RE DELLE NEVI” di Reinhold Messner  recensione di Maria Teresa Castaldi
Un storia illustrata per bambini che l’amico e socio Roberto Paoletti, amico di lunga data di Messner, ci ha portato fresca di stampa il mese scorso. Messner ci cimenta in un racconto avente per voce narrante sua figlia Layla che narra di quel primo viaggio con papà nel regno del re delle nevi himalayane, quando lei era ancora piccola. Papà Messner si carica dentro l’enorme zaino la piccola figlia e la porta lungo ripidi pendii, attraverso profondi burroni e lungo ruscelli bianchi come il latte mentre lei dormiva, guardava e si riaddormentava. In questo viaggio con papà vi è la filosofia di Messner quando le spiega i cinque tesori della neve che sono: l’oblio, il mistero, l’azione, la conoscenza e il sole. L’insegnamento sulla possibilità di vivere serenamente e con gioia in un mondo diverso dal nostro. Insegna che “la rinuncia, non il consumo è la chiave della felicità”.
Simpatica la grafica e illustrazioni, una storia vera raccontata come una favola che stimola e incuriosisce.
Bravo Messner e grazie a Roberto per il regalo.

 

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Recensione 2 (19/03/2020)

“I conquistatori del Gran Sasso” di Marco dell’Omo  recensione del Socio Valerio di Fulvio.

Se si pensa alle montagne e alla forma più estrema con cui è possibile viverla, inevitabilmente il pensiero si rivolge alle grandi imprese delle Alpi e quasi mai si pensa che in Appenino, sul Gran Sasso in particolare, sono state scritte pagine importanti dell’alpinismo italiano. Imprese grandiose che nulla hanno da invidiare a quelle “alpine”, così come nulla si può togliere al valore dei protagonisti che le hanno scritte, uomini che non sono diventati noti, o forse non abbastanza, solo perché non hanno avuto la fortuna di essersi trovati dentro l’amplificatore nazionale del giornalismo “alpino”.

I CONQUISTATORI DEL GRAN SASSO racconta le storie alpinistiche del Re dell’Appennino, da quella di Francesco De Marchi, che per la prima volta lo salì nel 1573, fino a quelle scritte dai nomi più noti come Jannetta, Cambi, Sivitilli, Bafile….Bini.

Sono storie alpinistiche ed umane, fatte di vittorie e tragedie, come la drammatica prima salita invernale del Corno Piccolo o come il tentativo di salita invernale della Nord del Camicia (l’Eiger dell’Appennino), del 1974, che vide la tragica morte di Piergiorgio De Paulis.

A queste pagine tristi si contrappongono le imprese epiche e romantiche…le storie a volte buffe, come la strana amicizia che nasce sulle pareti del Gran Sasso tra un Pierluigi Bini, fortissimo arrampicatore, e un pittoresco ma forte alpinista, Vito Plumari, detto il Vecchiaccio.

I CONQUISTATORI DEL GRAN SASSO è un libro che narra di montagna e di vita, dell’intreccio tra imprese tecniche, forse uniche per il loro tempo, e storie umane, che racconta di quell’alchimia magica che forse solo l’alpinismo sa regalare.

 

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Recensione 1 (18/03/2020)

“LA MONTAGNA DENTRO” di Hervè Barmasse  recensione di Sara Sentimenti nostra Accompagnatrice Sezionale di Escursionismo

Un po’ di letteratura di montagna per resistere alla clausura data dalla situazione attuale. Magari la lettura stimola la fantasia e incentiva a restare in casa, in queste giornate in cui il bel tempo rema contro.

“Appendo l’amaca. Sotto di me il vuoto, sopra di me le stelle. Guardo le luci della vallata e mi sento in pace. Non vorrei essere in nessun altro posto.” E’ questa la frase che si legge nella quarta di copertina del libro, una frase che trasuda dell’amore che Hervé Barmasse prova per la montagna di casa sua, la Gran Becca, ai più nota come il Cervino. E questo amore per il Cervino, e la montagna stessa, sono il filo conduttore del libro, in cui Barmasse racconta la sua storia, percorrendo i momenti gloriosi, i momenti difficili dovuti ai vari infortuni di cui è stato vittima, e i momenti neri.

Uno stile semplice, ma molto delicato, che si può ritrovare nei modi pacati in cui Hervé Barmasse intrattiene il pubblico durante le sue serate. Una narrazione ipnotica che porta il lettore a scalare la montagna insieme a lui. Personalmente, ho trovato questo libro estremamente coinvolgente: lo lessi nell’agosto del 2015, esattamente una settimana aver percorso un trekking denominato Gran Balconata del Cervino che si snoda attraverso la Valtornanche, sempre in vista Cervino, e avevo ben chiari in mente i luoghi descritti nel libro.

Un libro che fa sognare, emoziona e un po’ commuove, in cui sono chiari il grande rispetto e la reverenza che Barmasse prova per la montagna, in tutte le sue accezioni.

Ma è anche una storia che trasmette una gran forza d’animo, e il messaggio che non bisogna mai arrendersi (sempre con le opportune precauzioni), senza però far diventare ossessione i propri obiettivi.

Dopo aver letto il libro, non appena la nostra vita tornerà alla normalità, vi consiglio di assistere ad una serata di Barmasse. Sarà il completamento di un’esperienza illuminante.